La Cassazione è tornata a pronunciarsi in merito all’ingiuria, su rapporto tra assistito ed avvocato. In sostanza, per gli Ermellini, non è da considerarsi reato se il cliente, nel contestare la parcella del suo legale, lo offende. Secondo la sentenza, infatti, va considerato lo specifico contesto del rapporto professionale in cui vengono utilizzate le frasi, ed anche la sensibilità sociale del momento.
Il caso a cui la sentenza si riferisce ha visto una donna, accusata dal suo avvocato che, richiedendole il pagamento della sua parcella, aveva ricevuto una serie di e- mail, da lui reputate di carattere ingiurioso. Dopo la condanna in primo grado, da parte del giudice di pace, la donna ricorre, ed arriva in sede di legittimità.
Ed è qui che la Cassazione ha rigettato quanto stabilito dal giudice di pace, sottolineando che la nozione di onore si riferisce non solo alle qualità che concorrono a determinare il valore del soggetto, ma al rispetto della dignità altrui di cui deve godere ogni essere umano.
In virtù del fatto che bisogna apprezzare la portata delle frasi proferite a seconda del contesto, e dato che la donna non è trascesa attacchi gratuiti, ma ha solo espresso il proprio dissenso di fronte alle richieste di pagamento del proprio compenso del proprio legale, la sentenza di primo grado è stata annullata senza rinvio in quanto il fatto non sussiste.