Con la recentissima sentenza n. 1526/2016 la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito al caso dell’avvocato che, nel chiedere la vittoria delle spese di giudizio, si dichiara “antistatario” al fine di ottenere che, in caso di esito vittorioso del giudizio, il giudice condanni la controparte a pagare le spese legali direttamente a suo favore.
Tale possibilità, prevista dall’art. 93 del codice di procedura civile, può essere adottata dagli avvocati per aggirare la cattiva (e sempre più radicata) abitudine dei clienti di non pagare le parcelle.
La norma di riferimento dispone infatti che il difensore con procura possa “chiedere che il giudice, nella stessa sentenza in cui condanna alle spese, distragga in favore suo e degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipato”.
Mentre sulla facoltà di potersi avvalere di tale strumento non vi sono dubbi, più controversa appare la questione legata all’eventualità in cui la stessa sentenza di condanna alle spese a favore del legale della parte vittoriosa dichiaratosi antistatario venga riformata in suo sfavore.
Ebbene, con la citata sentenza del 27 gennaio 2016 la Corte di Cassazione ha stabilito che in tale circostanza spetta all’avvocato provvedere personalmente alla restituzione delle somme precedentemente ricevute, proprio in virtù del fatto che egli, dichiarandosi antistatario, diviene diretto titolare di un rapporto che si instaura con la parte soccombente.
Nel caso di specie, i giudici non hanno neanche tenuto conto delle richieste del legale che rivendicava il suo difetto di legittimazione passiva per non essere stato parte del giudizio.